La lucciola indossava una maschera nera
che il ragazzotto le aveva infilato con cura.
Il primo contatto fu
devastante, la lucciola non sapeva che successivamente sarebbe stato
anche peggio: era un misto tra piacevole sofferenza e senso di
insopportabile fastidio.
Quel ragazzo dall'aria ingenua le
carezzava un'ascella con l'unghia e quel semplice gesto le dava il
tormento.
Ribellarsi le era pressoché impossibile, immobilizzata
al letto, avrebbe dovuto subire
finché quel demonio si sarebbe
stancato. Questa constatazione le dava un senso di impotenza
terribile.
E se non si fosse stancato tanto presto?
La lucciola
non sopportava il solletico e dopo pochi minuti sarebbe voluta
fuggire anni luce dalle grinfie di quel sadico aguzzino.
Implorare
era inutile: faceva solo aumentare le sevizie a cui il ragazzotto la
sottoponeva. La pietà non era contemplata, una pausa dai tormenti,
nemmeno!
La lucciola si lasciò andare a scroscianti risate e urla
di disperazione.
Forse i vicini si sarebbero allertati: i minuti
passavano lenti e terrificanti, ma la sua sensibilità a quel
terrificante supplizio aumentava, mentre le speranze che il
ragazzotto si fermasse svanivano.
Ti prego, una pausa – riuscì
ad implorare la lucciola, in un frammisto di urla di disperazione e
risate isteriche.
- Quale pausa abbiamo appena cominciato!
-
Dio mio – biascicò la lucciola – morirò.
- Tranquilla, se
muori il mio divertimento terminerà. Avrò io cura di te. –
disse
spostandosi verso le estremità della lucciola.
Un grido di
disperazione riempì la stanza quando una rotella appuntita
punzecchiò le sue piante dei piedi, il cuore si fermò per qualche
secondo e una fragorosa risata le uscì spontanea dalla gola.
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